C’è una dialettica che lega i piccolo borghesi e gli ex-proletari. Non è solo una questione economica o sociale, ma anche culturale. È pur vero che ci manifestiamo con un’indole personale, che sta al di sopra delle Classi sociali, ma l’essere socializzato in una particolare sfera d’interessi, rispetto ad un’altra, o per meglio dire in modo marxista, a quella opposta, fa la sua differenza nel modo con cui il singolo vivrà. Emerge negli individui socializzati nelle famiglie piccolo borghese una certa qual auto-sufficienza emotiva, che può sfociare nel disinteresse e nell’isolamento familiare, esprimibile con: “fin qui sono arrivato e da qui partirò”, differente da un senso di precarietà, da una necessità continua di riconoscimento, che costringe l’individuo, socializzato nella famiglia operaia, a sperimentare vincoli sociali, culturali e normativi molto cogenti e prodromici a comportamenti gregari.
Quindi, ben oltre alle caratteristiche di personalità degli individui, osserviamo le caratteristiche sociali ed economiche in grado di determinare o produrre culture differenti. Così ci dice la riflessione dei Berger (Berger e Berger 1978) che li porta alla strutturazione in modo paradigmatico di due Tipi di famiglia, confrontando le ricerche sulla vita sociale nordamericana: quella di Herbert Gans (1962), che indagava la popolazione operaia bianca del West End di Boston nei primi anni 60, e quella di John Seeley et al. (1956), svolta a Toronto su una comunità suburbana della media borghesia. Da questa revisione, i Berger definiscono due modelli fondamentali di famiglia: Adulto-centrica e Infanto-centrica. La famiglia tipica della classe operaia è una famiglia Adulto-centrica, quella della medio borghesia è Infanto-centrica. In questi modelli pragmatici di famiglia, la differenza sta fondamentalmente nel diverso concetto che gli adulti hanno dei loro diritti e di quelli dei bambini.
Nella tipologia di famiglia operaia lo sviluppo da neonato ad adulto avviene senza un’eccessiva partecipazione dei genitori al processo. La bambina, ad esempio, deve aiutare la madre ad allevare i bambini più piccoli e abbastanza presto diviene una specie di piccola mamma e donna di casa. Il ragazzo d’altra parte gode prestissimo della stessa libertà, che ha il padre, di andare e venire quando più gli aggrada da casa. Già nella fanciullezza ci si aspetta da lui che egli viva con sempre maggior indipendenza e autonomia, senza la necessità del controllo dei suoi genitori. Così i bambini si creano abbastanza presto un mondo separato da quello dei genitori e in cui questi ultimi hanno ben poca importanza. Come sostiene Gans (1962, 57), in questo tipo di famiglia: “I rapporti genitore-figlio sono isolati quasi quanto quelli tra i maschi e le femmine”. Il bambino racconterà a casa le sue attività col gruppo dei coetanei, ma in una famiglia adulto-centrica esse non saranno di grande interesse per i suoi genitori. Se il bambino va bene a scuola (e sottolineo se…) i suoi genitori gli faranno degli elogi, ma questo può essere per loro anche una nuova preoccupazione … È abbastanza logico, osserva Gans, che in tale situazione i bambini si comportino in casa molto diversamente da quanto capita loro in strada. Il bambino, che spesso è pieno di energie e magari turbolento in strada, è invece piuttosto passivo, persino cupo, a casa. Evidentemente il luogo, in cui questo tipo di bambino s’esprime, è la strada, non la famiglia.
Nelle famiglie della medio borghesia la fanciullezza è completamente diversa. I bambini sono i padroni della casa. Li si incoraggia a esprimersi il più possibile nell’ambito familiare e gli adulti fanno tutto per prestare una seria e continua attenzione a quanto fanno i bambini. Si fanno grandi sforzi per divertirli e educarli: è normale invitarli a condurre a casa gli amici. Le madri organizzano per loro piccole feste o li portano fuori in occasioni di speciali ricorrenze della comunità. A differenza dei bambini della classe operaia quelli della classe media non devono fare alcun lavoro in casa. Qui, quando si chiede a un bambino di svolgere questa o quella mansione domestica, i genitori trovano assolutamente normale il pagare ai loro figli un particolare compenso per questo lavoro.
Nella famiglia della classe operaia la moglie deve addossarsi la responsabilità della casa e dei bambini e controllare le loro attività. Il marito dovrebbe essere colui che guadagna il pane, ma sicuramente non ci si aspetta che egli partecipi in alcun modo all’andamento della casa o alla quotidiana cura dei figli. Molto spesso la madre risolve da sola i problemi disciplinari, benché in certi casi particolarmente gravi il padre sia invitato a intervenire quando ritorna a casa dal lavoro.
Al contrario, la famiglia della classe media è un luogo d’intenso scambio tra tutti i suoi membri ed è di fatto per questi un rifugio dal resto del mondo. La famiglia è il luogo in cui il padre dovrebbe riposarsi, in compagnia della moglie e dei figli, dopo una giornata di lavoro, un posto dove i bambini sono incoraggiati a discutere dei loro problemi e dove ognuno partecipa il più possibile alle attività di gruppo. Se è vero che anche qui, come nella famiglia operaia, la madre svolge la mole maggiore di lavoro domestico, si considera normale il fatto che il marito, compatibilmente con le sue capacità, le dia una piccola mano. Ma al contempo, nelle famiglie della classe media si auspica che la moglie si realizzi anche come donna e che anche il marito guardi alla propria famiglia dal punto di vista dell’autorealizzazione.
La situazione è molto diversa in una famiglia operaia, dove ci si aspetta che il marito si realizzi come uomo e soprattutto fuori dalla cerchi domestica.
Se la famiglia della classe media accentua i valori comuni e le attività di tutti i suoi membri, al tempo stesso attribuisce grande importanza ai diritti e alle aspirazioni individuali. Tanto il padre che la madre hanno i loro giri di amicizie personali, alcuni dei quali sono estranei al partner. I bambini hanno, appena possibile, le loro stanze personali, che sono considerate un loro regno, da amministrare a loro piacimento. Decorare o tenere in ordine queste stanze è un loro diritto, ma anche una loro responsabilità. Sono incoraggiate e rispettate le eccentricità e le ambizioni personali, a meno che non siano troppo palesemente devianti dalle norme generali dell’ambiente immediato di riferimento. Ai bambini, già da piccoli, è affidata una piccola somma di denaro in modo che imparino ad amministrare il denaro con responsabilità. L’indipendenza è dunque incoraggiata in tutto.
La differenza tra questi due tipi di famiglie appare molto evidente in materia di autorità e di disciplina. I metodi disciplinari della famiglia operaia tipica sono rappresentati essenzialmente dall’alternanza di premi e punizioni. Si presuppone lì che i bambini abbiano bisogno di continui interventi disciplinari, se non si vuole che crescano come dei piccoli selvaggi. Le punizioni sono sia fisiche, sia verbali. Soprattutto le madri picchiano i bambini, dicono loro che cosa fare e cosa non fare e non mancano di porli di fronte alla minaccia decisiva, quella di dire tutto al padre quando tornerà a casa.
Tutto ciò non interferisce con l’affetto che esiste tra genitori e figli. Punirli non significa respingerli. Allo stesso tempo in queste famiglie non si teorizza molto sul modo in cui si dovrebbero educare i bambini e con quali finalità. I metodi educativi, sia per quanto riguarda la disciplina, sia per altri argomenti, sono stati, se lo sono, elaborati dagli stessi genitori spontaneamente.
La situazione è molto diversa nella classe-media, dove vi è un forte pregiudizio verso metodi punitivi o autoritari nei rapporti con i bambini: la famiglia deve essere democratica. Ne consegue che c’è una notevole incertezza sul modo di trattare i bambini. Le madri temono di essere troppo dominanti o di essere troppo indulgenti. Non solo vi è incertezza, ma addirittura si verificano litigi tra i genitori a causa di questioni del genere. Tutti sono d’accordo che i bambini abbiano bisogno di un modello educativo coerente, ma nessuno in realtà sa quale debba essere. Non meraviglia quindi che i genitori di queste famiglie della classe media si rivolgano spesso a degli esperti per farsi consigliare. Questi possono essere psichiatri, psicologi, studiosi o consulenti nel campo dell’educazione e via di questo passo; spesso si utilizzano libri o ci si avvale di altri mezzi di comunicazione per raccogliere informazioni.
Secondo i Berger, in questo tipo di famiglia della classe media, i genitori evitano scontri diretti con i figli in cui divenga necessario assumere delle posizioni di autorità. L’ideale di fondo è che i genitori debbano essere gli amici dei figli. Non è difficile osservare che, quando i genitori vogliono stabilire la loro autorità di adulti, i loro sforzi non risultano molto credibili ai figli. Ci sono sempre le punizioni fisiche, ma i genitori se ne fanno una colpa. Di solito, si tratta di pressioni psicologiche, più sottili; in altri termini il bambino non è costretto, ma è spinto a collaborare. Proprio perché gli strumenti disciplinari sono psicologici in questo tipo di famiglia la percezione da parte del bambino di essere rifiutato è maggiore. Vale a dire che il ragazzo di questa classe ha più ragioni di temere che i genitori minaccino di non amarlo più, più di quante ne abbia il bambino della classe operaia che i genitori lo maltrattino fisicamente.
Varie le riflessioni che si possono trarre. Si constata innanzitutto che, benché riferiti alla realtà statunitense, questi modelli di famiglia sono individuabili nella società italiana, anche se con decenni in ritardo. Pur restando a un alto livello di generalizzazione, si può analizzare ulteriormente la struttura della famiglia Adulto-centrica (di matrice operaria, ma in Italia anche tipica del mondo agricolo) e Infanto-centrica (di matrice piccolo borghese) e osservarne le forme di evoluzione o di attualizzazione oggi.
Innanzitutto occorre sottolineare una vera novità: quella segregazione fra ruoli (cose da uomini e cose da donne) delle famiglia operaria e la centralità casalinga della moglie/ madre nelle famiglia piccolo borghesi, sono state sostituite, nella realtà italiana di questi anni, da una donna che, come una candela che brucia da due lati, si trova a occupare un ruolo sociale produttivo e un ruolo privato riproduttivo. E dall’uno all’altro ruolo balza con una capacità e competenza, evidentemente maturata negli anni, ma in modo altrettanto vero, con una fatica fisica e psicologica non indifferente.
La motivazione che spinge le donne italiane in questa direzione è una, anche se si declina in tre forme, che illustrerò. Credo che si tratti fondamentalmente di una certa qual fretta di recuperare il tempo perduto. La compressione forzata nel ruolo riproduttivo, in cui il Fascismo l’ha costretta (e anche un certo qual Clericalismo) e il conseguente ritardo di sviluppo dei diritti di cittadinanza (che negli altri paesi dell’Europa hanno già realizzato) hanno costretto la donna, nel suo ruolo di perno del Sistema famiglia, a vicariare l’assenza o la presenza micragnosa di uno Stato, che ancor oggi sembra concedere servizi e non erogare benessere.
A seconda delle situazione culturale, sociale ed economica di ciascuna donna, tale spinta alla rivalsa, prende direzioni diverse:
Se ci concentriamo sulle modalità di relazione fra i componenti della famiglia Adulto centrica, oggi in Italia, possiamo dire che esse si manifestano in modo adeguato: sia i genitori, sia i figli svolgono il proprio ruolo in modo reciprocamente complementare. Nessuno discute i ruoli: il maschio anziano è marito e padre, la donna è moglie e madre, il figlio/a/i si adattano al loro ruolo di figli o di fratelli. I giovani fanno i giovani, gli adulti accettano il loro comportamento come quello proprio dei giovani. Tutti i ruoli sono riconosciuti, al massimo si contesta se incarnati nell’eccesso. Queste famiglie sanno che i figli sono impegnati in attività spesso discutibili e rischiose, ma ciò avviene lontano dagli occhi (in luoghi preposti), anche se forse non lontano dal cuore.
La moglie/ madre sembra essere ancora il perno del Sistema famiglia, con in più sempre spesso incombenze di natura economica, anche a fronte di una crisi economica che negli ultimi ha inciso sui redditi e sul ruolo di tanti dei mariti/ padri.
Mondo della famiglia e mondo di vita sono separati e i giovani (nel passato solo i maschi, ma adesso anche le femmine) sembrano ricercare un loro spazio espressivo nell’esterno, ma sempre con una modalità gregaria. Nel Tempo libero ci si trova nel posto e nel modo dove si trovano tutti gli altri: tipiche in questo senso erano le mega discoteche. L’evoluzione di questo ritrovarsi all’esterno della casa nei gruppi di pari sembra accentuato:
È la tipologia di famiglia Infanto-centrica che nell’Italia contemporanea si modifica in modo più netto. Tutta quella dimensione riflessiva, di sviluppo della personalità individuale, di dubbi educativi, che la caratterizzava nel modello statunitense, sembra manifestarsi oggi in due modalità antitetiche: