Entropia

Riflessioni Sociologiche fra Fisica Termodinamica e Biologia

Al fine di studiare i fenomeni in divenire o, come si dice, non ordinati, tipici delle Scienze umane, occorre accostare, partendo dal concetto di Entropia, la Termodinamica, assumendone concetti e riferimenti, e anche alcune riflessioni teoriche della Biologia.

La Fisica newtoniana studia il disporsi regolare ed eterno degli astri. Ogni legge lì non ha bisogno di sperimentazione, s’impone nella sua certezza matematica. Lì il Tempo è un’entità assoluta, scorre uniformemente in tutti i sistemi, successione rettilinea di istanti identici: è costante, progressivo e lineare. Questo Tempo razionale: spazializzato, oggettivato, misurato, calcolato (e fra i due termini passa una certa differenza), condiviso, è il Tempo dell’orologio, del calendario ect.

La Termodinamica nasce con Nicolas L. Sadi-Carnot (1796-1832). L’evidenza empirica lo spinse, dopo che si era avvicinato allo studio delle macchine a vapore con il paradigma classico: la presenza di uno stato d’equilibrio nel sistema, a scorgere lo scarto tra Ciclo reale e Ciclo ideale. Tali studi furono considerati un punto di partenza, grazie ai quali in seguito R. Clausius (1822-1888) e Lord W. Thomson, I barone Kelvin (1824-1907) giunsero a stabilire in forma rigorosa il Secondo principio della Termodinamica. Vi si afferma l’esistenza di una propagazione irreversibile del calore, riconoscendola come causa della perdita di rendimento nei motori.

Rudolf Clausius precisa così la differenza fra la concezione Meccanica e quella Termodinamica:

I processi termodinamici differiscono da quelli meccanici, in quanto conversione dell’energia e reversibilità non sono associate.

Se l’energia si trasforma in calore non sarà più possibile, o almeno non lo sarà in modo automatico, trasformare il calore in energia. Così nel 1850 è esplicitato per la prima volta il concetto di Entropia.

Col Secondo principio della Termodinamica l’irreversibilità fa irruzione nella Fisica e con essa l’idea che l’andamento di un fenomeno possa sfuggire a qualsiasi controllo. Si manifesta nei fenomeni termodinamici il Tempo diacronico, in cui i fatti sono considerati secondo il loro divenire in una prospettiva dinamica ed evolutiva.

Nei suoi primi sviluppi, la Termodinamica oppone alla versione deterministica (da Legge newtoniana) dell’eterna permanenza, un’altra concezione sempre deterministica, fondata sulla presenza di una Fine. L’Universo in tutti i suoi è sì un luogo dinamico, in continua trasformazione, ma anche a Entropia crescente. L’Universo per la prima volta appare come destinato a finire!

Con il concetto di Entropia, l’Universo della Fisica diviene simile all’essere umano, in quanto il disordine totale e, o la morte sono il loro destino comune.

Solo negli ultimi anni del XIX secolo Ludwig Boltzmann (1844-1906), introducendo una definizione probabilistica dell’Entropia, attua un ulteriore spostamento. Accettando la sua elaborazione, si comprende che le strutture d’ordine, qualora nessuna azione esterna sia intrapresa per contrastare la tendenza in atto, evolvono verso il disordine massimo, secondo una modalità che può però essere Non Omogenea per l’intero sistema.

A ciò segui, anni dopo, la terza svolta nella concezione di Termodinamica, che proviene dai lavori di Ilya Prigogine (1917-2003). Egli, introducendo l’attenzione verso sistemi lontani dall’equilibrio finale, riconosce la presenza dei Comportamenti Dissipativi:

"La Dissipazione è all’origine di quelli che si possono chiamare legittimamente nuovi stati della materia che operano per Amplificazione" [Prigogine 1979, 176].

Da un’origine locale, anziché regredire, la nuova entità in evoluzione invade il sistema e finisce per generare una nuova struttura d’ordine. Il Punto critico, dal quale si rende possibile un nuovo stato di equilibrio, prende il nome di Biforcazione. Al principio di ordine probabilistico di Boltzmann, è sostituito il principio d’ordine per Fluttuazioni. In questa concezione, ogni fenomeno osservato è dentro un Tempo, ha una storia, e può accettare spiegazioni di tipo generativo:

"Bisogna descrivere il percorso, che costituisce il passato del sistema, enumerando le biforcazioni attraversate e la loro successione, come sono state decise dalla storia reale fra tutte quelle possibili" [Prigogine 1979, 168].

Il concetto centrale del pensiero di Prigogine è ciò che egli chiama Feed-back evolutivo: un movimento, che può costituire soltanto una Fluttuazione del sistema, ma può diventare successivamente la base per un assestamento totalmente nuovo del sistema.

"L’evoluzione del sistema procede spontaneamente verso situazioni che sono meno probabili"

così scrive Prigogine [1980] e questo può valere per i processi fisici, come anche per i processi della vita e per i fenomeni sociali.

Di certo i lavori di Prigogine sulla Teoria del Caos, là dove riconoscono la presenza di sistemi aperti in evoluzione, hanno confermato un antagonismo fra l’Entropia di un livello sovra-ordinato e quella di un livello sotto-ordinato. L’accrescimento locale dell’ordine si paga con un accrescimento globale dell’Entropia, ma questa condizione può anche essere generatrice.

Di certo alcuni elementi tratti dalla Fisica Termodinamica si sono rivelati utili per le Scienze umane contemporanee, alla ricerca di una nuova forma di teoria, che potesse scalzare il paradigma Positivista. Tuttavia, come si vedrà qui di seguito, le Scienze umane troveranno un’ulteriore linfa per il loro sviluppo grazie al contributo di alcuni teorici della Biologia.

Per un biologo si tratta di chiarire come un sistema non precipiti immediatamente verso il disordine, come reagisca in qualche modo alla tendenza entropica, nel linguaggio umano “come viva”, come esso sia in grado di produrre una nuova organizzazione costante, che non sia effetto di una entità esterna a esso (Dio, la Natura ect), ma interna. Dire che una cellula vive perché ha la vita è la stessa cosa che affermare, come si dice nel Malato immaginario di Molière: 

"Opium facit dormire … quia est in eo virtus dormitiva."

Alcuni autori posero il problema in questi termini: se l’Osservatore, nel momento in cui testimonia l’apparire di una nuova organizzazione altra da sé, constata un aumento del disordine globale, ma rileva allo stesso tempo che quel sistema organizzato funziona, non potrà che riconoscere l’esistenza di un principio d’ordine diverso dal proprio [Maturana e Varela 1985, 81], quindi di un disordine controllato, che può essere chiamato Vita.

Henri Atlan nel suo lavoro più importante Entre le cristal e la fumée [1979] porta elementi che consentono di comprendere il disordine controllato con cui si manifesta la vita. Egli propone l’idea che l’organizzazione dei sistemi viventi non sia statica e neanche un processo che si oppone alle forze di disorganizzazione, bensì un processo di disorganizzazione permanente seguito da riorganizzazione, con la comparsa di proprietà nuove nel caso in cui la disorganizzazione sia stata tollerata. Secondo Atlan [1979, 336] i componenti del protoplasma cellulare non sono stabili, ma si formano e si scompongono continuamente, in modo casuale e organizzato. Così egli conclude un suo importante lavoro, articolando un’idea che, egli ammette, gli è stata ispirata da un brano del Deuteronomio. Dice:

"L’organizzazione di un sistema vivente è il risultato di processi antagonisti, uno di costruzione, l’altro di decostruzione; uno di ordinamento e regolarità, l’altro di perturbazioni aleatorie e diversità; uno di ripetizione invariante, l’altro di novità imprescindibili. Di queste due correnti, la prima è quella che, per descrivere la logica del vivente, utilizza la teoria dell’informazione, con le nozioni d’informazione genetica, di codice, di programma; l’altra è quella che, per descrivere lo stato della materia organizzata, utilizza una branca della fisica, la Termodinamica dei sistemi aperti” [Atlan 1979, 334].

Secondo Atlan la vita è un disordine controllato.

L’immagine che meglio rappresenta quest’andamento è quella del Vortice, che si forma e si scompone, che resta pressappoco stabile malgrado e grazie a perturbazioni aleatorie e imprevedibili in grado di mantenere il Vortice proprio distruggendolo e di distruggerlo proprio mantenendolo. La vita appare, secondo Atlan, come uno stadio intermedio tra la stabilità, la persistenza immutabile del minerale, e l’imprevedibilità, il rinnovamento incessante del fumo. Da una parte il solido, dall’altra il gas, in mezzo la fugace forma del Vortice. I due estremi (rigidità eccessiva e disintegrazione) costituiscono due specie di morte, entrambe presenti ed entrambe opposte l’una all’altra: la morte per rigidità: quella del cristallo, del minerale, e la morte per dissipazione: quella del fumo.

Ritorna, in qualche modo, l’idea di un precedere per passi, evolutivo, creativo o addirittura Ontogenetico, come in altra disciplina ne parla G. Bateson. Ritorna anche l’idea della presenza di momenti alternativi costruttivi e distruttivi, che rendono la dinamica possibile, anche nei sistemi sociali.

Il Tempo che l’Osservatore incontra in questo modello non è quello sincronico delle scienze fisiche, neppure quello diacronico, ma involutivo della Termodinamica, bensì un Tempo generativo, che consente lo svolgersi delle due opposizioni: creazione e distruzione; ritorno e innovazione. Questo modello a due poli, entrambi assoluti e numerose possibili manifestazioni intermedie, costituisce di per sé un’interessantissima struttura descrittiva. Si fonda sull’integrazione di due principi opposti e manifesta una maggiore capacità euristica di quei modelli basati sull’antagonismo simmetrico: Bene/ Male; Eros/ Thanatos ect.

Si è stati abituati troppo presto a pensare la realtà in termini antinomici, attraverso l’utilizzo di categorie concettuali fra loro opposte e o contrarie. Usando tali categorie si dimentica la contingenza, sempre presupponibile, di un altro. Si rende l’osservatore unico, solo nel vero. Esiste, ad es., la sinistra di un individuo, non la sinistra in assoluto.

Questa tendenza classificatoria per opposti si regge, come sottolinea C. Lévi-Strauss [1976, 1978a, 1978b], su Simmetrie imperfette. Uno dei due poli presenta un quid che lo rende sempre migliore dell’altro. Questo modello di pensiero trova applicazione nel Senso comune e ben più alta interpretazione nel pensiero Neo-Platonico, come commentato da Agostino da Ippona (Sant’Agostino), dove il Male, il principio negativo, è non essere, contrapposto al Bene, che è essere. Si è trattato per lui di spostare su riferimenti filosofici l’opposizione fondamentale fra vita e non vita. Nel modello di Atlan invece semplicità e stabilità diventano l’eccezione, non più la regola, per cogliere la quale, come dice E. Morin [1980], occorre:

"Pensare l’unità/ frammentarietà […] senza riassorbire, ridurre, indebolire, uno dei due termini".

Da queste riflessioni negli studiosi si è anche fatta strada l’idea, che ha spinto a prospettare, la capacità di un sistema dinamico, quale esso sia, di creare ordine e senso su se stesso e in se stesso, senza riconoscere la necessità gnoseologica di un elemento esterno o differenziato dal sistema stesso. Costoro proposero l’idea della possibilità di Autopoiesi di un sistema [Maturana e Varela 1985].

In primo luogo, si deve considerare che un qualsiasi sistema, anche orientato da principi termodinamici, funziona in relazione a un substrato indeterminato: l’ambiente, da cui solo un elemento terzo, un Osservatore, sarà in grado di distinguerlo. Non possono pertanto esistere Sistemi chiusi uniformi in quanto:

* o sono a Entropia massima (questa è la teoria della prima Termodinamica) e quindi sempre in fase di Dissipazione;

* o questi si dividono, in una regressione infinita, in sotto-sistemi, che possiedono diversi livelli di Entropia (questa è la teoria da Boltzmann in avanti) quindi non sono veramente chiusi, ma soggetti a relazioni, forse anche vincolanti.

Si può introdurre un’altra obiezione alla teoria di Maturana e Varela. Il suo supposto ordine, il suo funzionare, può essere riferito solo da un altro da sé: l’Osservatore appunto. Per il sistema in sé è totale indifferenza. In altri termini o il sistema in sé (sia esso sistema sociale, individuale o biologico) è in grado di produrre una vera e propria auto-osservazione, con tutti i limiti connessi a questo modello di conoscenza, o è indifferente a se stesso e ovviamente agli altri: non è Auto-poietico in quanto esso non si riconosce, anche se ad esempio gli umani lo possono ritenere più o meno tale.

Le obiezioni qui portate al concetto di Autopoiesi, presuppongono la necessità che nel sistema, per potersi auto-riconoscere, siano presenti almeno due sottosistemi, per quanto scambievoli fra loro, uno che si attua e l’altro che osserva e soprattutto ricorda: vale a dire osserva nel Tempo e distingue. Ci sarà così un sistema, e un elemento altro, che sfugge alla regola del sistema. Ciascuna delle due entità sarà necessaria e sufficiente all’esistenza dell’altro. Se non c’è la funzione Osservatore, il sistema non sarà consapevole a se stesso. In altri termini: se c’è un Osservatore il sistema non potrà essere auto-poietico; ma se non c’è l’osservatore, il sistema non avrà consapevolezza di sé.

Ultima riflessione: in questo modello occorre riconoscere che ciò che di innovativo si genera, potrà presentare caratteristiche completamente differenti da quanto desiderato o desiderabile.

Bibliografia

Atlan H.

1979, Entre le cristal e la fumée, Editions du Seuil, Paris

Lévi-Strauss C.

1976, Il pensiero selvaggio, Il Saggiatore, Milano, ed or 1962

1978a, La struttura dei miti, in Antropologia strutturale, Il Saggiatore, Milano, ed or 1958

1978b, Lo stregone e la sua magia, in Antropologia strutturale, Il Saggiatore. Milano, ed or 1958

Maturana H.R. e Varela F.J.

1985, Autopoiesi e cognizione, Marsilio, Venezia, ed. originale 1980

Morin E.

1980, La Méthode II, Editions du Seuil, Paris

Prigogine L.

1980, L’ordre à partir du chaos, Prospective et Santé, n 42